La cupola come forma architettonica nasce in Oriente precisamente in India molte migliaia di anni fa, gli antichi romani tuttavia sono arrivati a costruirla in epoca più tarda e probabilmente in maniera completamente indipendente. La cupola romana come noi la conosciamo si evolve mediante l’applicazione delle tecniche costruttive etrusche dell’arco e della volta. La vera rivoluzione fu però l’utilizzazione della malta, questo materiale usato successivamente in tutta l’Italia centrale, gettato su un’armatura lignea, formava una copertura compatta e resistente, proprio quello che serviva per modellare tutte le strutture architettoniche apparse in seguito. Inizialmente le cupole erano costruite per coprire i corpi circolari di una sala termale o, come nel Tabularium (78 a.C.), vani quadrati. In seguito per coronare sale ottagonali. In epoca imperiale, soprattutto con Adriano, gli architetti cominciarono ad alleggerire le masse e a concentrare le spinte e le gravitazioni in alcuni punti con nervature e archi di scarico, inserendo nell’impasto ciottoli di pomice per ottenere un peso minore oppure scaricando le forze con archi e absidi, (confrontare gli scritti di Vitruvio). I Romani si impadronirono rapidamente di questa tecnica costruttiva usata soprattutto nei grandi edifici pubblici e forme diverse, emisferica nel Pantheon, a cono della tomba di Cecilia Metella, I templi circolari erano dedicati a Nettuno dio del mare ed erano chiamati ninfei e la cupola sembrava la la copertura ideale del resto anche le terme erano dedicate al culto dell’acqua in queste due costruzioni gli architetti si sbizzarrirono volentieri flettendole in originali sezioni concavo-convesse, come nelle terme di Pompei in varie tombe sempre di Pompei. Gli architetti di questo periodo creavano volte a conchiglia o a spicchi o a ombrello, in cui gli spicchi del padiglione si approfondiscono in vele concave, come nell’Aula delle Terme di Diocleziano, ora adibito a Planetario. Negli Horti Sallustiani o nel Serapeum di Villa Adriana gli spicchi a vela si alternano invece a spicchi a semplice curvatura emisferica. In un’aula ottagonale delle piccole terme della stessa villa la convessità dei quattro lati prosegue nella cupola, la cui superficie interna viene gradualmente ondulata. Altro esempio famoso era il “Ninfeo” della villa dell’imperatore Licinio Gallieno (253-268 d.C.), poi trasformato in una sala di terme in epoca costantiniana, oggi Tempio della Minerva Medica straordinaria costruzione la cui concezione spaziale e strutturale fu modello per le cupole rinascimentali e barocche. Ma torniamo al Pantheon esso fu costruito da Marco Vespasiano Agrippa, genero di Augusto, tra il 27 e il 25 a.C.
La cupola del Pantheon come simbolo dell’Universo
Prima del rifacimento di Adriano l’edificio era stato restaurato una prima volta sotto Domiziano a causa di un incendio nell’ 80 d.C., e una seconda volta nel 110 d.C. da Traiano, ma fu Adriano, come si è accennato, a ricostruirlo dalle fondamenta e ad aggiungervi la cupola, evitando tuttavia di attribuirsene il merito come testimonia l’iscrizione di Agrippa sull’architrave, dove si può leggere oggi ancora in lettere bronzee ricollocate alla fine del secolo scorso sui fori originali: “M. Agrippa L.F. cos tertium fecit”? (Marco Agrippa, figlio di Lucio console per la terza volta fece). D’altronde è notorio che sebbene Adriano innalzasse dappertutto un numero infinito di edifici non ne segnò mai nessuno col suo nome tranne il tempio dedicato al padre Tiziano. il Pantheon ai tempi della Roma antica appariva in una prospettiva diversa più imponente della nostra innanzi tutto era sopraelevato e situato in fondo di una vasta piazza rettangolare che giungeva fin quasi all’attuale chiesa della Maddalena, era circondata da un portico anch’esso sopraelevato, e vi si accedeva attraverso cinque gradini. Oggi il piano della piazza della Rotonda è stato rialzato la piazza è più piccola di quella originale e questo riduce lo slancio delle colonne di granito grigio mettendo in risalto il secondo timpano dell’avancorpo, e dando a tutta la struttura un aspetto più tarchiato. L’interno colpisce intensamente il visitatore: il suo largo spazio circolare, la cupola emisferica a cassettoni, il foro al centro (l’Oculus) tutto concorre a dare l’impressione di trovarsi al centro del cosmo.
Questa sensazione è fortissima specialmente in quelle mattine estive in cui la penombra del tempio, che lo ricordiamo non ha finestre, è rotta dalla colonna di luce che penetra dal foro centrale perpendicolarmente come un gigantesco riflettore che proviene direttamente dall’alto dei cieli. Difficile non provare ora la sensazione che il centro in cui si apre l’Oculus non sia una vera e propria porta che conduce a una dimensione ultraterrena e metacosmica. Questo era probabilmente quello che i costruttori volevano suscitare.
Questo perchè la stessa struttura con le sue forme geometriche elementari era già simbolo, la semisfera, l’ottagono, il quadrato, il piano su cui tutto era poggiato. Per gli antichi la terra era piatta su di essa gravava la volta celeste. La cupola del cielo stellato simboleggiava l’espansione-manifestazione dell’Uno nella pluralità dei vari “astri” o “dei” o “potenze” che esprimono le relazioni con le creature. Ma torniamo alla storia: Dopo il Concilio di Nicea (325 d.C.) cominciò la repressione contro la religione pagana, ad opera degli imperatori cristiani e che proseguì ben oltre la controriforma. A parte la parentesi dell’imperatore Giuliano detto “L’apostata” fratellastro di Costantino che rifiutò il cristianesimo per convertirsi al neoplatonismo ed essere iniziato ai misteri eleusini, egli privò il clero cristiano dei suoi privilegi e proclamò la tolleranza verso ogni religione. Escludendo questo fenomeno isolato però, tutti i templi pagani erano stati distrutti o riconvertiti in chiese anche il Pantheon venne chiuso al culto nel 399 da Onorio Flavio. Nel 608 venne donato dall’imperatore Foca a papa Bonifacio IV, che il 13 maggio del 609 lo dedicò alla Vergine e a tutti i santi deponendovi le ossa di un gran numero di martiri raccolte nelle catacombe, e chiamandolo “Santa Maria ad Martyres”. Il giorno della consacrazione divenne durante il primo medioevo la celebrazione cattolica di tutti i santi, sostituita nel 1475 dal 1 Novembre attuale festa di Ognissanti per cristianizzare il Capodanno celtico che cadeva in quella data e venne imposto a poco a poco in tutta l’Europa.
Con la cristianizzazione dell’impero la cupola venne adottata fin dal quinto secolo negli edifici religiosi bizantini, come ad esempio nel mausoleo di Galla Placidia a Ravenna, in S. Apollinare in Classe o nel battistero di Soter a Napoli. Lo schema non era più quello del Pantheon ma la struttura tradizionale e universale del cubo più o meno allungato sormontato da una cupola. A Roma invece la cupola venne applicata nel medioevo prevalentemente a Oratori, Martyria e Battisteri, e soltanto col Rinascimento sarebbe ricomparsa sulle basiliche e chiese. La cupola del Pantheon è comunque ancora oggi la maggiore esistente (m. 43,30 di diametro) perchè quella di San Pietro ha un diametro di m. 42,52 e quella di Santa Maria del Fiore a Firenze di m. 41,47. La sezione della rotonda del Pantheon è un cerchio perfetto di cui la metà è occupata dal cilindro e l’altra metà dalla cupola con una proporzione tipica dell’arte romana perchè la si ritrova già nella sala termale di Baia e nel ninfeo di Domiziano, ora chiesa di S. Maria della Rotonda in Albano. Nel simbolismo tradizionale la struttura della cupola su un cubo allude al passaggio dall’unità – di cui l’emisfero è come un prolungamento, un’espansione – alla quadratura attraverso la mediazione costituita dal triangolo degli sguanci: la stessa struttura della piramide egizia e del pyramidon, la parte superiore dell’obelisco, a significare la manifestazione dell’essere nella caverna cosmica; e inversamente il convergere degli esseri nell’essere non manifesto, nell’uno. Talvolta il passaggio dalla cupola al quadrato è mediato da un ottagono, oppure è una base ottagonale a reggere la cupola, come nei battisteri, a simboleggiare il mondo intermedio. Non è un caso che la forma ottagonale è tipica dei battisteri perchè sono luoghi ritualmente di transizione, di passaggio; tant’è vero che, come ha osservato Renè Guènon, il battistero era nei primi secoli situato fuori della chiesa, e soltanto chi aveva ricevuto il sacramento era ammesso nel tempio. ” Va da sè” soggiungeva ” che il fatto che le fonti siano state in seguito trasportate nella chiesa stessa, ma pur sempre vicino all’entrata, non muta nulla del loro significato”. Nelle cupole medievali l’Oculus era sostituito spesso dalla pietra angolare, ovvero da quella che si trova al vertice della cupola e simboleggia nel cristianesimo il Cristo come diceva san Paolo: – ” e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù “. Per questo motivo forse sulla sommità delle cupole è affrescato il Cristo in gloria sull’arcobaleno o sulle nuvole, circondato da angeli, serafini, santi. R. Guènor osserva ancora che “se a un edificio orizzontale si aggiungerà una parete semicircolare che sarà posta a una delle estremità, a questa verrà attribuito una corrispondenza celeste per una specie di proiezione sul piano orizzontale di questo lato che è anche quello cui viene la luce, cioè l’oriente. L’esempio è naturalmente un’abside semicircolare. Con il tempo il buco al centro della cupola “l’Oculus” è stato sostituito da un “ombrello” la “lanterna” che non interferisce nella struttura o nel simbolismo ma copre l’apertura al centro della cupola permettendo la luce di penetrare dall’alto e riparando l’interno dalla pioggia.
Essa è tipica delle chiese rinascimentali e barocche, simbolicamente coronate dalla croce, come ad esempio la cupola per eccellenza, quella di San Pietro sotto la quale è posto giustamente, da un punto di vista simbolico. L’altare centrale, vero e proprio Omphalos, dove l’Asse Cosmico collega cielo e terra come un ponte o un albero che permette di passare da una dimensione all’altra: che altro non è se non il Cristo come creatore e redentore.
Si rifletta sulla struttura stessa della basilica dove la pianta a croce altro non è se non la proiezione terrena della croce tridimensionale, simboleggiata dall’Oculus della lanterna. All’incrocio dei bracci di questa croce terrena è posto l’altare del sacrificio eucaristico. Di questo simbolismo erano consapevoli gli architetti rinascimentali e barocchi o chi li ispirava perchè in molte basiliche l’altare e centrale e sotto la cupola. Con la controriforma questa sistemazione venne giudicata non idonea, perchè non era sufficientemente sottolineata la separazione gerarchica tra chiesa e fedeli, il “Sacrificio Eucaristico”, poteva sembrare una semplice assemblea di fedeli. Si preferì allora evitare qualsiasi equivoco riportando l’altare maggiore nel braccio di fronte all’entrata secondo lo schema delle chiese senza cupola, nelle quali invece esso aveva una collocazione giusta da un punto di vista simbolico. Tornando all’ “Oculus”, in ogni tradizione simboleggia il Sole come “porta” fra l’universo manifestato e l’Uno. Nella tradizione induista spiega Ananda K. Coomaraswamy, si attribuiscono al sole sette raggi simbolici, i primi sei compongono la Croce tridimensionale di Luce spirituale, che crea e allo stesso tempo sostiene l’universo, il settimo invece “passa attraverso il Sole”, e giunge fino ai mondi di Brahma, là dove nessun sole splende (perchè tutto ciò che è sotto il Sole è in potere della morte, e tutto ciò che ne è al di là è immortale); e di conseguenza in ogni diagramma esso è rappresentato dal punto in cui gli elementi della croce tridimensionale si intersecano.
Sicchè il Sole non è soltanto l’architetto dello spazio, ma anche il liberatore di tutte le cose che in esso risiedono, permettendo loro di sfuggire alla spazialità attraverso il cosiddetto “settimo raggio del sole” che passa attraverso l’Oculus della cupola. Ananda K. Coomaraswamy, citando il “Rig Veda”, attribuisce tutto questo, cioè l’ispirazione della cupola e la creazione dello spazio alla Divinità stessa o in alternativa a una triade di divinità architetti, nel senso che questi ultimi rappresentano insieme le tre dimensioni dello spazio, e sono dunque le “potenze” la cui operazione è indispensabile all’estensione di un qualsiasi “campo” nelle quattro direzioni. Infatti solo mediante le tre dimensioni L’uno originario può diventare quattro, numerosi testi sanscriti affermano allegoricamente che il Sole è la porta del mondo (loka-dvara) che ammette in Paradiso il saggio, ma costituisce una barriera per l’ignorante. Il centro del Sole è chiamata la fenditura del cielo, con i raggi che ricordano il mozzo della ruota, è attraverso di esso che si giunge alla “liberazione completa” (nirvikalpa samadhi). In conclusione voglio ricordare che la cupola ha evocato frequentemente nella cristianità la Gerusalemme celeste quasi che essa rispecchiasse quella posta di là dai cieli visibili, di là dall’Oculus.